La riforma del diritto fallimentare, approvata nel 2019 ma resa operativa con successivi decreti attuativi di cui l’ultimo del 2022, ha introdotto una serie di novità importanti a partire dal cambio della denominazione da fallimento a crisi d’impresa.

È cambiata poi anche la prospettiva che non è più quella della immediata chiusura dell’attività e conseguente liquidazione dei beni per il soddisfacimento dei creditori, ma diventa adesso graduale, con un primo tentativo di salvare l’attività, anche lavorativa e di indotto, ricorrendo alla liquidazione solo in ultima analisi, anche se rimane fermo l’intento di definire le gravi situazioni debitorie nell’interesse di tutti i creditori.

In questa diversa prospettiva di gradualità sono stati introdotti  dei nuovi strumenti, a partire da quelli di allerta e dei nuovi organismi di composizione della crisi presso le Camere di commercio.

Va poi tenuto presente che la materia è stata estesa anche ai privati consumatori, con l’introduzione della disciplina della regolamentazione del sovra indebitamento, che  può estendersi anche alle situazioni di insolvenza di professionisti, start up innovative, piccoli e medi imprenditori, imprenditori agricoli e alle altre figure minori

Il cambio della denominazione

Il primo cambiamento significativo introdotto dalla riforma è la modifica della denominazione da fallimento a crisi d’impresa. Questo cambiamento non è solo nominale, ma ha anche un significato sostanziale. La crisi d’impresa, infatti, non è più vista come un evento istantaneo di tracollo immediato, ma come un processo  di gestione della crisi che cerca innanzitutto di trovare una possibilità di continuità dell’azienda anche nell’interesse dei creditori. Questo approccio è in linea con le tendenze internazionali, che cercano di privilegiare la prevenzione e la ristrutturazione dell’impresa, piuttosto che il suo fallimento.

La finalità immutata

La finalità della procedura rimane quella di tutelare i creditori; tuttavia, la riforma introduce un nuovo approccio per raggiungere questo obiettivo dando maggiore attenzione alla tutela dei lavoratori e dell’economia nel suo complesso. In particolare, la riforma punta a favorire il recupero dell’impresa in crisi, anche attraverso la sua ristrutturazione, per cercare di evitare tempistica ed esiti penalizzanti per tutti.

Gli strumenti di allerta

Per rendere possibile il recupero dell’impresa in crisi è però necessario cercare di intervenire prima che la crisi diventi irreversibile, pertanto la riforma ha introdotto degli strumenti di allerta, cioè segnalazioni effettuabili alle organizzazioni competenti che possono aiutare nell’individuare precocemente le imprese in crisi. Questi strumenti sono rivolti principalmente agli organi di controllo societario e ai creditori pubblici qualificati, ma sono in qualche misura utilizzabili anche dagli operatori economici, compresi i creditori, i lavoratori e le amministrazioni pubbliche.

Lo strumento d’allerta principale spetta però proprio al debitore che può rivolgersi alle organizzazioni di composizione della crisi preventivamente, e di sua iniziativa, per cercare di trovare la più opportuna soluzione nell’interesse generale.

Le nuove OCCRI e OCC

All’interno della nuova prospettiva graduale, in cui è prevista anche la possibilità per il debitore di attivarsi preventivamente per la risoluzione della crisi, si è ritenuto opportuno introdurre gli organismi di composizione della crisi presso la Camera di commercio che operano in stretto collegamento con il Tribunale ma che permettono una procedura più agile e veloce rispetto alla tradizionale procedura fallimentare.

Tali organismi sono le OCCRI (Organizzazioni di composizione della crisi d’impresa e dell’insolvenza), responsabili della gestione delle crisi di impresa, e le OCC (Organizzazioni di composizione delle crisi da sovraindebitamento), responsabili della gestione delle crisi da sovra indebitamento di privati consumatori, nonché insolvenza di professionisti, start up innovative, piccoli e medi imprenditori, imprenditori agricoli e alle altre figure minori.

I destinatari della procedura riformata

Mentre in precedenza il fallimento era riservato ai soli imprenditori commerciali, con la riforma la procedura  si è invece diversificata da un lato nella crisi d’impresa destinata ai grossi imprenditori, dall’altro alla possibilità di disciplina del sovra indebitamento del consumatore privato.

L’estensione al privato consumatore però non è del tutto identica a quella che si applica agli imprenditori, ma prevede modalità più tenui nelle conseguenze e più agili nella tempistica.

La disciplina del sovra indebitamento è stata poi estesa, con i necessari adeguamenti, alle situazioni di insolvenza di professionisti, start up innovative, piccoli e medi imprenditori, imprenditori agricoli e alle altre figure minori, creando così una terza situazione, che rappresenta una zona intermedia tra la crisi d’impresa e il sovra indebitamento del privato consumatore.

Il diverso atteggiamento da assumere

Le modifiche introdotte hanno una portata significativa, ma richiedono un diverso atteggiamento da parte di tutti gli operatori economici coinvolti nella crisi d’impresa. Cioè  la riforma richiede un approccio collaborativo e proattivo, finalizzato al recupero dell’impresa in crisi nell’interesse generale ma anche per migliore salvaguardia dei creditori.

In particolare, per rendere possibili queste modalità di risoluzione della crisi d’impresa, di sovra indebitamento e di insolvenza, sarà innanzitutto il debitore a dover prestare maggiore attenzione per evitare l’irreversibilità della crisi, ma anche il creditore dovrà considerare più attentamente l’opportunità della salvaguardia dell’impresa debitrice, anche a migliore tutela del proprio interesse creditorio.

Considerazioni conclusive

La riforma del diritto fallimentare rappresenta un importante passo avanti nel processo di modernizzazione del diritto italiano. La riforma introduce una serie di novità che mirano a tutelare i creditori, i lavoratori e l’economia nel suo complesso, cercando di favorire il recupero dell’impresa in crisi nell’interesse generale e dei creditori, prima penalizzati da tempistica ed esiti delle procedure fallimentari.

C’è però ancora un rischio di macchinosità, di uso improprio degli strumenti o di gestione dilatoria, senza contare la complessità della nuova disciplina che potrebbe rendere difficile la sua applicazione, molto dipenderà anche dall’atteggiamento che verrà assunto dai  vari operatori.

Servirà in materia una previa attenta valutazione delle varie possibilità e se occorre contattaci