In caso di mancato pagamento di fatture o debiti è importante, sia per le aziende che per i privati, conoscere le diverse possibilità offerte dalla legge per recuperare il credito e ottenere il pagamento di quanto dovuto o, in alcuni casi, tutelarsi da possibili ripercussioni negative.

Il credito da recuperare andrà così esaminato in dettaglio, per verificare se e come è possibile procedere per il recupero; potrebbero infatti sussistere delle controindicazioni di carattere legale oppure, viceversa, elementi che possono agevolare il recupero.

Una volta effettuato ciò si potrà quindi dare corso al recupero seguendo un procedimento, che può essere suddiviso in diverse fasi.

L’attività di sollecito e i possibili esiti

Il soggetto, che si ritrovi con un importo non pagato, deve innanzitutto sollecitare il debitore al pagamento di quanto dovuto.

Nel caso in cui i solleciti effettuati non abbiano esito, è necessario attivarsi tramite il proprio legale per un formale recupero crediti. Il legale provvede a sua volta ad inviare al debitore una richiesta, che deve contenere i dati di creditore e debitore, l’ammontare del debito, la relativa scadenza e le conseguenze del protrarsi del mancato pagamento. Tale comunicazione non è ancora un atto con valore formale e, seppure con precisione e determinazione, è opportuno cerchi di mantenere aperto un dialogo che aiuti alla definizione complessiva della vicenda soprattutto nella tempistica, precisando anche le nuove procedure e possibilità introdotte in questo ambito.

Tale formale sollecito può avere diversi esiti: il riconoscimento del debito e il pagamento (eventualmente frazionato), un accordo conciliativo che definisca i vari aspetti, la contestazione da parte del debitore oppure il totale silenzio di quest’ultimo.

Nel caso di contestazione o silenzio da parte del debitore si potrà valutare se intraprendere le procedure di mediazione o negoziazione, oppure passare direttamente alla fase giudiziale.

La mediazione e la negoziazione assistita

Al fine di evitare i costi e le complicazioni del procedimento giudiziale, nonché per tentare di abbreviarne i tempi, è possibile ricorrere alla negoziazione assistita o alla mediazione, recentemente introdotte, per raggiungere una definizione della questione.

In alcuni casi è obbligatorio procedere con il tentativo di mediazione o negoziazione assistita prima di procedere in via giudiziale.

Nonostante vengano spesso assimilate, negoziazione assistita e mediazione costituiscono in realtà due procedimenti diversi: la negoziazione è una trattativa tra le parti e i rispettivi avvocati per raggiungere un’intesa; nella mediazione, invece, le parti si rivolgono, con il proprio avvocato, ad un organismo di mediazione (che non è un giudice) che le aiuti a trovare l’accordo conciliativo.

Sia la mediazione che la negoziazione hanno come obiettivo l’intesa conciliativa della vicenda che, una volta raggiunta, avrà a tutti gli effetti valore legale anche ai fini esecutivi, qualora una delle parti non la rispettasse. Questo la differenzia dagli accordi conciliativi raggiungibili dopo l’attività di sollecito, che hanno valore legale ma non esecutivo e che richiedono attività giudiziale in caso di inadempimento.

In caso di esito negativo anche della negoziazione o della mediazione, se il creditore rimane convinto delle proprie ragioni non rimane che seguire il recupero giudiziale che tra l’altro, nel frattempo, potrebbe avere anzi acquisito elementi favorevoli al recupero.

Il recupero giudiziale (accertamento ed esecuzione forzata)

Il recupero giudiziale richiede due fasi: una necessaria di accertamento del credito e una eventuale di esecuzione forzata per ottenerne il conseguimento, se perdura il mancato pagamento anche dopo la fase di accertamento.

L’accertamento del credito serve ad ottenere il titolo esecutivo, ossia un documento che accerta il diritto del creditore di ricevere il pagamento. Ottenuto ciò il debito non può più essere contestato ed è possibile avviare l’esecuzione forzata nel caso in cui il debitore continui a non pagare.

Il titolo esecutivo giudiziale può essere di due tipi, decreto ingiuntivo o sentenza che occorrono quando non si dispone di un titolo cartolare (assegno o cambiale) che consente l’immediata esecuzione forzata.

  – Decreto ingiuntivo: è il procedimento di accertamento più rapido e si ottiene depositando in cancelleria i documenti che attestano il credito, in forza dei quali il giudice emette un provvedimento che va comunicato al debitore. Se quest’ultimo non si oppone nei termini, il debito è considerato definitivamente accertato e quindi va pagato, altrimenti può seguire esecuzione forzata. Se invece il debitore si oppone nei termini si apre un giudizio ordinario che si concluderà con sentenza.

  – Sentenza: è la conclusione di un procedimento giudiziale ordinario, che può anche essere di opposizione a decreto ingiuntivo, e si compone di varie fasi: deposito di vari atti, svolgimento delle udienze e compimento delle attività di accertamento. Al termine del procedimento il giudice decide con sentenza che può essere di accoglimento totale o parziale del credito oppure di rigetto.

Una volta ottenuto il titolo esecutivo che accerti il credito, se il debitore non paga spontaneamente, si può dare inizio alla esecuzione forzata.

Per avviare l’esecuzione forzata è necessario che il creditore invii al debitore l’atto di precetto, ossia un documento che riassume quanto previsto nel decreto ingiuntivo, nella sentenza o nel titolo cartolare.

Dopo l’invio dell’atto di precetto, se perdura il mancato pagamento, si può iniziare l’esecuzione forzata vera e propria tramite pignoramento, che può essere di tre diverse tipologie a seconda dei beni che vengono pignorati:

1) Mobiliare: il vincolo viene posto su beni mobili di valore, del debitore, come auto, arredamento e gioielli che vengono poi messi in vendita ed il ricavato dato al creditore e, se superiore a quanto dovuto, restituito per l’eccedenza al debitore

2) Immobiliare: il vincolo viene posto su beni immobili, come case e terreni; la procedura è più lunga e complessa dal momento che richiede accertamenti in varie fasi e vendita all’asta soggetta a pubblicità, anche in considerazione del valore tendenzialmente rilevante dei beni immobili.

3) Presso terzi: il vincolo viene posto non su beni di proprietà del debitore ma su crediti di quest’ultimo verso altri che possono essere le banche, il datore di lavoro, l’ente pensionistico oppure, soprattutto per le aziende, debitori che sono a loro volta debitori di colui verso cui si sta procedendo per il recupero.

L’impossibilità di recupero e il fallimento del debitore

L’impossibilità del recupero del credito può essere conseguente o al ripetuto esito negativo delle procedure esecutive intraprese oppure al fallimento del debitore.

In caso di fallimento del debitore, il creditore può insinuarsi al passivo del fallimento per recuperare il proprio credito nella misura che gli consentirà la procedura. In altre parole dovrà ottenere il riconoscimento del proprio credito dalla procedura fallimentare ma, per l’effettivo incasso, occorrerà attendere che quest’ultima recuperi gli importi in grado di soddisfare tutti i creditori che sono stati ammessi e riconosciuti.

Molto spesso però tali ricavati sono inferiori alle esigenze dei creditori che difficilmente vengono soddisfatti totalmente; a volte lo sono solo in parte, altre volte rimangono del tutto insoddisfatti, anche perché esiste per legge un ordine che fa prevalere certi crediti rispetto ad altri: è così importante verificare in quale categoria si rientra.

Nel caso in cui la procedura fallimentare non dia alcun incasso, come anche nel caso le procedure esecutive non diano esito, c’è la possibilità per le ragioni di bilancio delle aziende di girare a perdite le relative fatture, che quindi non gravano più fiscalmente. Inoltre, al termine delle procedure, per la parte di credito non conseguita, è anche possibile recuperare l’Iva versata che costituisce così un recupero effettivo di almeno una parte del credito.

Conclusioni

Il recupero dei crediti ha così una complessità in qualche modo necessaria, in quanto deve innanzi tutto tutelare il creditore, ma deve anche evitare che ci siano richieste infondate o non dovute.

Ciò potrebbe scoraggiare a intraprendere l’attività di recupero, tuttavia è sempre opportuno esaminare con attenzione i vari aspetti, per verificare se ci sono invece elementi per facilitare il recupero.

Non va poi dimenticato che i crediti non pagati hanno comunque una rilevanza fiscale, che è sconsigliabile accumulare dal momento che possono portare a difficoltà di varia natura.

Inoltre, scegliendo con attenzione tra le varie modalità di recupero descritte e usando le nuove possibilità offerte dalla procedura (negoziazione e mediazione), si può anche riuscire a conseguire più velocemente il recupero, magari con prospettive migliorative ed evitando la forte conflittualità che caratterizza questa materia.

Sono poi possibili delle alternative alla procedura di recupero del credito sopra descritta, una delle quali è l’assicurazione sui crediti. Tale istituto, però, è da valutare attentamente per comprendere esattamente cosa viene tutelato e con quali modalità. L’argomento merita però trattazione a parte in ragione della sua ampiezza, verrà quindi meglio analizzato in un successivo approfondimento.

Ulteriore alternativa al recupero crediti è il diverso istituto della cessione del credito che non è esattamente una modalità di recupero, ma un modo per ottenere finanziamenti oppure per meglio organizzare le perdite sui crediti. Anche in questo caso la complessità della materia richiede separata trattazione in un successivo approfondimento.

Servirà in materia una previa attenta valutazione delle varie possibilità, per ulteriori informazioni visita il sito dello studio legale dell’Avvocato Paolo Colombo e contattaci senza impegno.